Intervista con Alice Pasotti - La situazione delle Artist Alley in fiera.

Y: Raccontaci un po’ di te e del tuo lavoro, il tuo stile artistico e medium prescelto, qualsiasi cosa riguardante la tua arte che ritieni importante. 

A: Mi chiamo Alice Pasotti, ho 26 anni e ho sempre desiderato fare l'illustratrice. Per quanto sia un amore nato tardi durante la mia vita, non ho mai avuto ispirazioni al di fuori dell’ambiente artistico. Originariamente volevo fare la tatuatrice, ma purtroppo sono dovuta fuggire dal settore, è molto più “cattivo” di quanto si pensi. Non si condivide volentieri il sapere e molte persone sono poco leali; inoltre, seguendo le metodologie di alcuni è un settore relativamente facile (e quindi saturo), molti trovano i design online e si devono solo applicare alla tecnica. 

Per quanto riguarda l’illustrazione, devo dire di essermi addentrata nell’ambiente tra la fine del liceo e l’inizio dell’università, non avevo mai effettivamente pensato agli artisti che dedicano la propria arte all’illustrare libri, albi e romanzi; originariamente volevo iscrivermi all’Accademia di Brera. Mi ritengo un’illustratrice tradizionale che utilizza medium tradizionali, solo nell'ultimo anno mi sono finalmente avvicinata al digitale, sebbene per questioni lavorative. Non ne vado pazza, ma lo ritengo comunque veramente utile. Ad essere sincera, la mia tecnica preferita in assoluto sarà sempre l’olio; il problema è che è estremamente complessa, richiede moltissimo tempo ed è piuttosto difficile da scansionare. Generalmente, lavoro spesso con acrilico, gouache o matite. 

I miei lavori appartengono ad un mondo molto personale e penso che abbiano sempre qualcosa da dire, sebbene non sia mai lineare. Non seguo necessariamente il trend del momento: preferisco nascondere il messaggio piuttosto che mercificarlo, una pratica che al momento si vede sempre più spesso. Inoltre, celando il significato ho sempre modo di scoprire i diversi messaggi che gli spettatori vedono all’interno delle mie opere.

Sono una grandissima appassionata di culture, leggende, folklore, creature e mostri, e penso che questo mio interesse traspaia dalle mie creazioni. Ho un grandissimo rispetto per la ricerca delle origini di ognuno di noi, motivo per il quale tendo ad inserire elementi tribali all’interno delle mie opere. Questo interesse è nato durante un workshop, quando un mio insegnante mi ha detto che per dare spessore all’arte dovevo cercarlo nelle mie origini: mi sono resa conto di non avere delle origini precise, ho sempre viaggiato moltissimo con i miei genitori in camper e non ho mai sentito di trovarmi completamente “a casa” in un luogo preciso. 

Può sembrare un controsenso con ciò che ho detto, ma penso che la ricerca personale all’interno dell’arte non debba necessariamente insegnare o trasmettere qualcosa; al giorno d’oggi abbiamo sempre la necessità di trovare un messaggio chiaro ed evidente, ma non credo che ci debba essere il significato della vita dietro ad ogni opera. Gli antichi maestri non inserivano necessariamente un significato, siamo noi che lo abbiamo cercato e ne abbiamo presumibilmente trovato uno.

 

Y: Com’è il panorama dell’arte nel territorio in cui vivi, o da cui provieni?

A: Vengo da Brescia, il paese simbolo del fulcro del lavoro manuale e sporco, dove devi tornare a casa lurido ed esserti alzato alle 5 della mattina per poter dire di aver “lavorato”. Vorrei dire che sia un pensiero appartenente a generazioni passate, ma purtroppo anche i miei coetanei fanno fatica a comprendere di cosa tratta effettivamente il lavoro che pratico. L’opinione altrui si divide solitamente in due visioni: da un lato ci si trova davanti a scherno e invidia, dall’altro semplicemente alla mancanza di comprensione - la seconda categoria è quella curiosa, che chiede effettivamente cosa fai durante il giorno. Secondo la mentalità del luogo in cui mi trovo non è assolutamente normale il mio approccio all’ambito lavorativo: pratico molti lavori contemporaneamente, che siano cinque, sei o sette tipi di attività diversi. 

Sono figlia di due outsiders e mi ritengo molto fortunata, ho una famiglia veramente d’oro. Mi hanno resa autonoma, adulta e responsabile, anche prima del tempo (sono “grande” da tanti anni). Vivere in questo modo ha cambiato la mia percezione della vita, o di come dovrebbe funzionare, mi sentivo sempre fuori dal contesto rispetto ad altri miei coetanei. Tuttavia, i miei genitori mi hanno sempre dato la possibilità di effettuare le mie scelte e prendermi le sue responsabilità. Difatti, sono andata via di casa molto presto, mi sentivo pronta a fare un passo in autonomia - ho svolto lavori al di fuori dell’ambito artistico fino al 2021, in cui ho deciso di mollare l’ultima delle mie professioni dopo il periodo di pandemia (lavoravo in discount alimentare), e con i soldi che avevo messo via ho poi deciso di prendere parte al servizio civile nelle biblioteche. Ho lavorato a Salò, dove la biblioteca del posto è particolarmente proattiva con i giovani; tenevo dei corsi gratuiti con ragazzi e adulti, e questa cosa mi ha permesso di farmi conoscere con le aziende con cui ora collaboro. Una volta finito il servizio civile, ho cominciato a lavorare indipendentemente con le biblioteche e a costruire una professione artistica a tutto tondo.

 

 

Y: Cosa ti ha spinto ad entrare nel mondo dell’arte digitale? Come hai cominciato il tuo percorso artistico? Raccontaci del tuo corso di studi. Hai studiato qualcosa di specifico riguardante l’arte o il tuo interesse è nato da altro?

A: Il mondo dell’arte è sempre stato il filo conduttore della mia esistenza: l’arte era perennemente presente nella mia vita, disegnavo e coloravo in ogni momento. Da piccola, il mio sogno era fare a pennello le righe bianche in mezzo alla strada; ma ho poi scoperto che si usava un macchinario, e questa rivelazione ha completamente distrutto i miei sogni.

Dopo le medie mi sono iscritta al Liceo Artistico Olivieri, dato che volevo studiare pittura. Devo dire che la mia esperienza non è stata delle migliori, il liceo mi ha dato quello che può darti un liceo pubblico con dei professori scoppiati. Successivamente ho frequentato l'International Comics Academy, seguendo precisamente un corso di illustrazione tradizionale. Al momento, mi tengo sempre attiva e aggiornata dal punto di vista di sviluppi artistici, tramite qualsiasi workshop ritenga interessanti al momento. Alcuni istituti estremamente validi da questo punto di vista sono la “CatWork Academy” di Roma, “Spazio Arte Duina” di Brescia e "Ars In Fabula" di Macerata.

La passione per i tatuaggi, invece, è nata da mio zio - aveva uno studio, e questa prossimità all’attività mi ha permesso di vedere l’arte dei tatuaggi come una forma di comunicazione estremamente antica e dalle origini più profonde della civilità stessa. Mi sentivo sempre lì ad attendere il momento giusto per cominciare a praticare, sebbene sapessi benissimo che tatuare qualcuno mi avrebbe messo nella posizione di poter rovinare la pelle di una persona e, a livello mentale, non riuscivo a elaborare questo pensiero in modo sano. 

 

Y: L’arte è un ambito impegnativo, seppur estremamente soddisfacente. Che impatto ha avuto sulla tua vita fino ad ora?

A: Sì, ritengo che l’arte sia un ambito estremamente impegnativo, perché non è esclusivamente un lavoro, bensì è anche un modo per esprimersi. Penso che condizioni moltissimo dal punto di vista emotivo, e quindi condiziona automaticamente il proprio lavoro. L’impatto sulla mia vita è sicuramente stato sia positivo che negativo. Positivo perché mi ha sempre dato un modo per analizzare ed esternare stati d’animo, emozioni, sentimenti, pensieri - chi vive di arte è un in un continuo su e giù, fa quello che ama e ha sempre modo di esprimersi, però vive nella costante possibilità di farsi prendere dalla sindrome dell'impostore, deve essere sempre pronto ad affrontare il rischio del rifiuto e l’idea che il lavoro che svolge sia  un continuo andare e venire. Per esempio, Gennaio è un mese abbastanza “morto”, Marzo e Aprile sono una via di mezzo, mentre Luglio e Agosto sono sempre drammatici - dipende chiaramente dal settore. C’è un andare e venire di mesi super impegnati e mesi meno attivi, che spesso si decide di riempire occupandosi dei lavori per i tempi che verranno.

Mentalmente ci si sente rifiutati e dei fallimenti, perché non si hanno entrate: si vive nella paura di non aver fatto nulla. Personalmente, la terapia mi ha aiutato moltissimo ad affrontare i momenti in cui devo elaborare l’idea di “non avere lavoro”, così come uscire da un settore iperproduttivo come quello di Brescia e Milano. Penso di non essere la sola che, lavorando da casa e strutturando la giornata come preferisce viene assalita dai sensi di colpa. Con il tempo mi sono resa conto che anche solo dire una frase diversa aiuta moltissimo a cambiare la percezione (mia e degli altri) della situazione: il valore che dai al tuo lavoro è il valore che gli altri ci vedono. 

 

Y: La tua arte ti permette di sostenerti economicamente? Nel caso non fosse così, è un obiettivo che hai o meno?

A: Non proprio. Se avessi la bacchetta magica vorrei un camper per poter girare il mondo e vivere illustrando. Detto ciò, le attività che svolgo mi permettono di essere autonoma senza dover effettuare ulteriori lavori con orari fissi: i laboratori con i ragazzi e gli adulti, uniti al lavoro in biblioteca, mi aiutano a guadagnare qualcosa di più durante il mese. 

Non ritengo ancora di essere al punto ideale, ma mi piace moltissimo ciò che faccio - adoro leggere, mi trovo bene nelle biblioteche e mi trovo benissimo ad interagire con il pubblico. 

 

 

Y: Che piattaforme utilizzi per promuovere il tuo lavoro? Credi che debbano essere sistemate e migliorate in alcun modo? Pensi che una nuova piattaforma riguardante solo l’arte digitale potrebbe essere utile?

A: Uso principalmente Instagram! Da quando hanno modificato l’algoritmo del feed, spostando l’attenzione sui reel e togliendola alle immagini, mi rendo conto di quanto sia difficile restare sempre al passo con gli aggiornamenti del social. Personalmente, penso che Instagram continui a fare upgrade inutili senza risolvere i problemi precedenti. So che i contenuti in formato video stanno riscuotendo moltissimo successo, che sia nei Reels o su Tiktok, motivo per cui vorrei trovare la forza e il tempo di impegnarmi e mettermi sotto, ma non sono per niente afferrata nell’ambito video. Il fatto è che gestire i social è un lavoro vero e proprio, bisogna dedicarci del tempo e spesso non se ne ha abbastanza. Non è una novità che gli artisti debbano fare tutto: fatture, fiere, mail, social, lavori fisici e chi più ne ha, più ne metta. 

Per quanto riguarda un eventuale piattaforma dedicata all’arte online, penso che l’idea abbia del potenziale. Vista la divisione tra artisti digitali e tradizionali, però, mi dispiacerebbe molto creare un’ulteriore frattura tra i due ambiti, che già spesso non si vogliono a vicenda. Detto ciò, le vie di mezzo esistono - l’arte è fluida e non ci dovrebbero essere barriere, è fatta dal concetto, dal messaggio, e in parte dalla tecnica. Purtroppo il digitale è un settore abbastanza chiuso, la tecnica è l’arte stessa, mentre io ritengo che la tecnica sia solo un mezzo.

 

 

Y: Hai mai avuto problemi riguardanti il copyright e la sua gestione? 

A: Fortunatamente non ho avuto problemi nell’ambito, sebbene spesso nei miei lavori la gente veda artwork o stili di altri artisti - ma penso che sia perché si tende ad associare bambola voodoo con bambola voodoo, non credo che ci sia un grande pensiero dietro. C’è stato un frangente, però, in cui ho notato che il mio stile sembrava venir replicato da più di una persona, ma personalmente non ho mai fatto nulla a riguardo. Ho lasciato cadere la cosa perchè dopo poco le persone coinvolte hanno lasciato cadere questa linea estetica, e il concetto base era lo stesso ma le illustrazioni erano chiaramente diverse. 

Sono una persona che si fa tantissime paturnie, ho sempre paura di fare qualcosa di troppo simile a qualcosa che mi piace, ferendo inoltre l’artista originale. Nello studio personale mi capita di copiare l’arte di altri artisti, ma non è niente che condividerei online, in quanto semplici studi artistici volti ad imparare.

Al momento non ho alcun tipo di protezione riguardante il concept base della mia arte: la famiglia di bamboline voodoo - però mi sono resa conto di avere davvero bisogno di una metodologia per poter proteggere le mie opere, ho necessità di salvare sempre dati, file, e qualsiasi tipo di prova riguardante la mia arte.

 

Y: Qual’è la tua opinione sugli NFT e sul loro impatto sul mondo dell’arte digitale? Sei favorevole all’uso della tua arte da parte delle Intelligenze Artificiali per arricchire il loro database?

A: Per quanto riguarda gli NFT devo mettere le mani avanti e ammettere di non essere particolarmente ferrata. Da ignorante, mi sembra che abbiano avuto un’esplosione iniziale e poi sono scemati quasi subito, li ho visti calare moltissimo. Sembrava che si potessero guadagnare somme incredibili, e invece adesso sono già morti. Molti hanno pensato che bastava qualche “disegnino” per venderli e diventare milionari, senza pensare che un punto di vista di marketing e business sarebbe stato fondamentale per poterli sfruttare a pieno - personalmente penso che molti non abbiano neanche avuto il tempo di imparare, che la fiamma si era già spenta. Come se non bastasse, l’ambito NFT riguardava principalmente un’esclusività dell’arte con la quale non concordo, mi ricordavano le gallerie d’arte esclusive e il loro approccio elitisti all’ambiente creativo.

Se ci fosse la possibilità di dare il consenso o meno all’utilizzo dell’arte altrui da parte dell’IA direi assolutamente di no. Non mi trovo d’accordo con il concetto di base: che l’AI tolga lavoro agli artisti e a chiunque abbia a che fare con questo settore lavorativo. Si sa che il progresso distrugge ma crea anche lavori nuovi; sembra che al momento l’Intelligenza artificiale distrugga senza dare posti di lavoro alternativi, è apparentemente inarrestabile. Il valore della persona dove viene messo? Personalmente, penso che valga sempre la pena riconoscere il valore della persona, ma doverla pagare di più rispetto ad un robot.

 

Y: Cosa cambieresti del panorama artistico attuale se potessi? Cosa ti aspetti dal futuro dell’arte?

A: Mi piacerebbe che ci fosse più opportunità di espressione in Italia. Purtroppo se non sei strettamente un illustratore per bambini e non rispetti determinati canoni estetici farai sempre fatica a trovare lavoro, e dovrai puntare a case editrici straniere. Chi rischia pubblicando qualcosa di “strano” o insolito è solitamente un editore staniero, l’italiano semplicemente traduce e pubblica. 

In Italia non c’è spazio per coloro che creano qualcosa di diverso, soprattutto quando si tratta di generi meno conosciuti, come il realismo magico o il surrealismo. Mi piacerebbe, invece, che ci fosse la possibilità di esprimersi senza riserva anche dal punto di vista di genere artistico.

In futuro mi piacerebbe provare l’ambiente delle gallerie, ma sempre e comunque con le illustrazioni - tavole originali di albi illustrati. Ho avuto modo di vedere mostre simili all’estero e vorrei che raggiungessero anche l’Italia. 

In generale, vorrei che ci fosse riconoscimento legale e dal punto di vista fiscale per chiunque abbia a che fare con l’ambiente artistico, è ridicolo che nel 2023 ancora non esistano le figure professionali dell’illustratore o del pittore. Abbiamo bisogno di più tutela e protezione per poter effettivamente regolarizzare questo settore lavorativo.

 

Y: Che ne pensi della gestione delle artist alleys in fiera al giorno d’oggi? Ci sono esperienze che vorresti condividere con noi?

A: La gestione delle Artist Alley(s) in fiera è caratterizzata da una serie di problematiche, non lo negherò. L’organizzazione lascia a desiderare molto spesso, mentre invece sembra esserci sempre più richiesta economica per il tavolo fornito agli artisti, che invece ricevono meno attenzioni di volta in volta. Spesso posizionano l’area in una delle zone meno trafficate dell’evento, andando così a penalizzare moltissimo i partecipanti.

Di recente stanno nascendo tantissime nuove fiere, il che dovrebbe essere una buona cosa, se non fossero che vengono sempre organizzate da gente che non sa come funzioni l’ambito fieristico in ambiente artistico. La maggior parte delle volte mancano i tavoli, non sanno dove metterci e c’è una generale deficienza organizzativa. Sulla stessa linea d’onda, le grandi fiere sono iper selettive e chiedono cifre esorbitanti in ogni caso, i veterani vengono sempre scelti mentre gli artisti emergenti vengono ignorati.

Sicuramente il settore artistico italiano è ormai saturo, di artisti ce ne sono veramente tanti e ognuno segue giustamente la propria passione; questo significa, però, che adesso è veramente complesso farsi notare nella massa.

 

 

Ringraziamo moltissimo Alice per aver partecipato all'intervista e speriamo che sia stata un'esperienza piacevole!

Nel caso foste interessati alle sue opere, potete trovarla su Instagram come @alice.pasotti.illustration.

Per qualsiasi genere di quesito riguardante la gestione del Copyright e la tutela delle vostre opere, il team di Rights Chain è a vostra disposizione! Nel frattempo, buona giornata!

Yako.

 

A proposito dell'Autore o Autrice

Yako

Yako

Articolista, (Lui/Loro)

Content Creator in ambito cosplay, gaming e animazione. Con un diploma in lingue straniere e una grande passione per la cultura orientale, scrive di diritto d’autore per proteggere i lavori di artisti e giovani menti. Cosplayer dal 2015, Yako è un sostenitore dell’identità di genere e dello sviluppo della propria creatività tramite attitudini personali: che siano giochi di ruolo, cosplay o scrittura.