Questi artisti ingrati dovrebbero ringraziare gli eventi per lo spazio che gli viene offerto

Negli ultimi anni la quantità di eventi fieristici orientati al mondo della cultura pop sono aumentati in proporzione esponenziale. Non c'è weekend senza un evento, fiera o sagra legata al mondo del fumetto, dell'animazione o del cosplay.

Immagine di copertina: Made in Asia Bruxelles, foto dell'autore.

Da un lato una grande quantità di artisti e artigiani che cercano, genuinamente e seriamente, di trovare luoghi in cui poter esporre i propri lavori.

Dall'altro, organizzazioni di eventi che lamentano la carenza di artisti e, per certi versi, di serietà da parte di chi vorrebbe esporre.

Questo post è nato a seguito di alcune opinioni lette sui social media che si lamentavano della scarsa professionalità da parte di alcuni artisti che non si presentavano alle fiere, lasciando tavoli vuoti, o che si lamentavano pubblicamente di come vengono gestiti gli eventi. Con anche qualche accenno al cosa dovrebbero fare suddetti artisti, a mo' di insegnamento per il futuro.

Farò delle considerazioni molto sterili ed estremamente venali, di sicuro non da artista.

Partiamo con un elemento essenziale.

Le fiere, per definizione, dovrebbero essere dei luoghi in cui trovare qualcosa che normalmente non è possibile trovare in giro. Perché non c'è ancora, perché è una novità, perché "è una nicchia". Non sono solo luoghi di raduno di cosplayer e amanti di quella nicchia: sono delle opportunità di guadagno per tutti.

Quindi sì, la artist alley, è un luogo in cui gli artisti possono ottenere della visibilità, condividere il proprio lavoro, guadagnare dal proprio lavoro (come tutte le altre aree delle fiere).

A patto che l'evento fieristico, tale visibilità, la offra: in termini di promozione, attrattzione del pubblico, servizi. Il lavoro della fiera non è "vendere spazi agli artisti/espositori" bensì quello di "attirare pubblico interessato ad un argomento, e rendere appetibile gli spazi agli espositori". Se la si vede al contrario, c'è qualcosa che non funziona.

Tra le più belle frasi che ho letto c'era "l'impegno dell'artista è solo quello di presentarsi ed esporre i propri lavori": non è una gita tra amici o una serata in birreria. Per alcuni può essere un'attività hobbistica, ma per la maggior parte delle persone che abbiamo incontrato (per meglio dire, le ha incontrate Yako, io ascolto solo i suoi racconti post-fiera) è una questione di lavoro. E (TRIGGER ALERT) ci sono molti artisti ben disposti ad investire per avere uno spazio, a patto che l'evento offra la visibilità di cui al punto precedente.

Stiamo parlando di individui che cercano di creare un futuro professionale basato sulla propria professione: ammazziamo le loro aspettative subito.

L'unico punto in cui posso trovarmi d'accordo è quello in cui si richiede la serietà di comunicare l'eventuale assenza dall'evento, affinché l'organizzazione possa riarrangiare la situazione.

Però mi domando, ascoltando le voci di innumerevoli persone: l'organizzazione merita di essere informata?

Nel senso: ha trattato con la medesima serietà e dignità i propri espositori? Ha offerto una qualità di servizio degno di tale comportamento?

Alla fine è un "do ut des": dai rispetto per avere rispetto.

Volete mettere i posti a pagamento? Fatelo.

Ma in cambio di cosa? Che valore offre l'evento a chi vuole partecipare?

Gli artisti che valutano di andare in fiera fanno né più né meno gli stessi conti che fanno gli organizzatori. E la domanda che si pongono è altrettanto semplice: "quanto ci guadagno? Quanto mi costa andarci?"

Le promesse sono sempre tante e belle.

La realtà dei fatti? La storia cambia un po'.

Cosa offre la fiera ai propri espositori?

Uno spazio.

Fine. Questa è l'unica cosa che offre. Perché di servizi, personalmente, non ne ho visti molti. Qualcuno fa della pubblicità sui media tradizionali, sicuramente qualcosa sui social, ma la verità è che si basa tutto solo ed esclusivamente sull'eco generato dagli artisti. Ovviamente, maggiore è la LORO copertura mediatica, maggiore è la visibilità che ottiene l'evento.

Ah, ma non dovrebbe essere l'opposto?

L'organizzazione si è mai interessata di seguire gli espositori o artisti che hanno deciso di INVESTIRE (tempo e denaro) per andare a quella fiera? Si è mai posta il problema di verificare se sono stati soddisfatti degli spazi e dei servizi? Hanno offerto qualcosa durante l'evento? Non parlo di acqua o cibo. Parlo di servizi che possano aumentare la loro esposizione, le loro opportunità professionali. Panel, eventi, piccoli spazi, post sui social media, interviste? Si è mai interessata di offrire informazioni precise su quali siano gli spazi, le mappe, il come arrivare allo stand? Hanno mai dato agli artisti che INVESTONO il loro tempo e denaro nell'organizzare il LORO marketing per tempo? Ha mai organizzato delle convenzioni con gli alberghi in zona per creare delle agevolazioni a chi arriva da lontano?

Cosa offre la fiera al proprio pubblico?

Grosso modo sempre le stesse cose. A tutti gli eventi. Stessi prodotti, spesso contraffatti, roba mainstream a profusione. Gli stessi fumetti venduti da molteplici stand, che li hanno lì solo perché "tanto vanno". Gli stessi gadget acquistati su qualche e-commerce in cina, magari seguendo la moda del momento. Gli stessi stand che vendono la stessa roba stampata in digitale, i soliti stand con le solite spade, gadget, action figure che ormai possono essere datate al carbonio 14.

Mi ripeto perché questa regola vale sempre: ci sono sempre le eccezioni di qualità.

Ah e l'area food.

Gli eventi sono diventati dei copia-incolla in cui ci sono sempre le solite cose.

I luoghi che vanno meglio? Quelli che hanno delle belle ambientazioni (ce ne sono). Che, sotto un'altra chiave di lettura, indica che sono dei luoghi in cui radunarsi e che offrono poco o nulla tra ciò che è esposto.

Le uniche aree che rendono una fiera interessante sono quelle che portano novità, non solo ospiti.

Le aree degli editori minori (non che quelli maggiori siano visti male). Le aree degli artigiani, le aree self, le artist alley, i progetti indipendenti, le aree indie.

Finché non capirete a cosa serve una fiera per un espositore, continuerete a brancolare nel buio e lamentarvi del fatto che i tavoli sono vuoti, e che la fiera "una volta andava bene".

Le fiere sono la manifestazione dell'innovazione.

"Abbiamo sempre fatto così" non serve a niente se non a portarvi ad un progressivo declino.

Le persone vanno rispettate, sia che siano professionisti affermati, sia che siano alle prime armi. E sono proprio i secondi a dover essere supportati.

Però sicuramente c'è chi ne sa più di me in termini di organizzazione di eventi.

- (questo post fa parte del ciclo dei post #fridayrant dell'autore)

 

A proposito dell'Autore o Autrice

Sebastian Zdrojewski

Sebastian Zdrojewski

Founder, (He/Him)

Ha lavorato per 25 anni nel settore IT affrontando problemi di sicurezza informatica, privacy e protezione dei dati per le aziende. Nel 2017 fonda Rights Chain, un progetto che mira a fornire risorse e strumenti per il copyright e la protezione della proprietà intellettuale per i creatori di contenuti, gli artisti e le imprese.